29 settembre 2017 - Saluta ai partecipanti all'Assemblea del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa a Minsk

Cardinale Marc Ouellet

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Saluto ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del CCEE

Minsk

Venerdì 29 Settembre 2017

 

Cari confratelli nell’episcopato,

       È una gioia profonda per me poter partecipare alla Plenaria annuale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa.

      Il nostro ritrovarci insieme, mi fa ricordare l’episodio evangelico della Pentecoste: i discepoli erano nel Cenacolo in quel giorno, pieni di timore, ma furono inondati dalla grazia dello Spirito Santo, che li rese coraggiosi annunciatori del mistero del Regno (At. 2, 1-4).

      E’ proprio lo Spirito di Dio che invochiamo e che desideriamo guidi le nostre azioni a favore del popolo a noi affidato, in qualità di maestri e pastori.

      Le riunioni plenarie di Conferenze episcopali, sono il luogo opportuno in cui costruire ponti tra le Chiese locali, instaurare leali e vere relazioni di amicizia tra di noi, occasioni preziose per aiutarci a vicenda a discernere la volontà di Dio sul nostro Continente, avendo sempre in mente che la semina comune porta al raccolto di Dio.

      La mia partecipazione a questa assemblea, vuole essere un segno di quell’unità che lega tutta le Chiese in un solo vincolo con il S. Padre Francesco, di cui vi porto il saluto e la speciale benedizione.

      Egli stesso con il suo esempio di vita, ci sprona a prendere nuove iniziative missionarie, per rispondere alle sfide del nostro tempo.

      Recentemente il Pontefice si è recato in viaggio apostolico in Colombia, come pellegrino di riconciliazione e di pace. Con i gesti compiuti in questa occasione, ha voluto proporre un’immagine del pastore che non si limita a raccomandare soluzioni pacifiche dei conflitti, ma che interviene di persona in favore e in difesa del popolo.

      La situazione politica e sociale del continente europeo, di fronte alle pressioni di profughi per guerre e migranti per necessità, vede le nostre nazioni di antica tradizione cristiana irrigidirsi e spesso chiudersi di fronte ai bisogni dell’altro.

       In questo tempo la nostra coscienza è stata spesso interpellata direttamente e si è interrogata sul: «Come e cosa fare? ».

     Per aiutarci in prima persona ad affrontare le situazioni del nostro ministero e per aiutare tutto il popolo cristiano, il S. Padre ci invita a pregare per ottenere il dono del discernimento, che è inseparabile dalla “conversione pastorale”.

       Questo dono, che nasce dal desiderio di bene posto nel cuore di ciascuno e spesso viene mediato dall’aiuto dei fratelli di fede, forse in questi ultimi anni è stato trascurato, a favore di soluzioni già pre-confezionate e falsamente capaci di adattarsi a qualsiasi situazione umana.

    Il discernimento è un percorso di scoperta della volontà di Dio espresso non solo nella dottrina, ma anche nella vita delle persone, che il S. Padre ci sta proponendo fin dagli inizi del suo Pontificato. Egli sta partecipando alla Chiesa la saggezza delle intuizioni di S. Ignazio di Loyola, contenute nel testo degli Esercizi spirituali.

      Il fondatore della Compagnia di Gesù, proponendo i criteri da adottare per il discernimento degli spiriti scrisse: «È proprio dello spirito buono dare coraggio, forza, consolazioni, lacrime, ispirazioni e pace, rendendo facili le cose e togliendo ogni impedimento, affinché si vada avanti nel bene operare».

       Andare avanti nel bene operare. In quest’ottica Papa Francesco, nel discorso ai nuovi Vescovi del 16 Settembre ultimo scorso, ha esortato i neo-eletti a quel discernimento spirituale e pastorale necessario «(…) Perché il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo ci ha costituiti come pastori, raggiunga la conoscenza e la realizzazione della volontà di Dio, nella quale risiede ogni pienezza».

       A tal fine ci ha anche messo in guardia da un pericolo: “L’autoreferenzialità che proclama finito il tempo dei maestri” e ci ha esortati ad acquisire una virtù: quella dell’obbedienza a Dio, perché “Soltanto chi è guidato da Dio ha titolo ed autorevolezza per essere proposto come guida degli altri”.

      Da queste parole discende l’indicazione di un percorso di autenticità personale, al fine di proporre agli altri ciò in cui veramente si crede e per cui si dona la vita. Contemplari et Contemplata aliis tradere esortava S. Tommaso nella sua Summa.

      Il Vescovo quindi è un maestro di discernimento, in virtù del suo vissuto personale di discepolo di Cristo, obbediente alla volontà e al disegno del Padre. Egli è colui che possiede uno sguardo d’insieme sulla realtà, perché unificato interiormente dall’amore a Cristo e alla sua Chiesa.

     L’applicazione dottrinale del discernimento così inteso, si trova in molti passaggi di Amoris Letitia, l’esortazione apostolica consegnata a tutti i fedeli sull’amore nella famiglia, soprattutto nel capitolo ottavo, dal titolo: Accompagnare, discernere e integrare la fragilità.

     Il numero 293 afferma: «(…) Ai Pastori compete non solo la promozione del matrimonio cristiano, ma anche « il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà », per « entrare in dialogo pastorale con tali persone, al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza».

     A partire da questa impostazione si delinea il volto del pastore: un uomo capace di dare identità a tutti gli elementi che possano favorire l’accoglienza del Vangelo di salvezza in ogni persona, soprattutto la più lontana e ferita dal peccato.

      Mi sembra, dal punto di vista pastorale, che il discernimento possa essere inteso come un mettersi davanti alle persone aiutandole a capire come Dio agisca nel cuore di ciascuno, per intuirne la volontà e poter così fare il “passo della fede”, tenendo sempre presente che le decisioni personali spesso non raggiungono l’ideale in un attimo, ma rientrano in una dinamica progressiva di avvicinamento alla verità.

      Come una luce che illumina il buio di una stanza e viene portata ad ogni angolo di essa per fare emergere gli spazi nascosti, così i pastori sono chiamati a fare, nei confronti delle notti della sofferenza delle persone che incontrano nel loro ministero.

       Siamo chiamati ad esercitare l’arte del discernimento, soprattutto per celebrare il prossimo Sinodo dei Vescovi, dal titolo: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

        Nel testo della sua lettera di presentazione dell’evento, il Santo Padre ha scritto, rivolgendosi ai giovani:

“Anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo? (…). Sono sicuro che, sebbene il frastuono e lo stordimento sembrano regnare nel mondo, questa

chiamata continua a risuonare nel vostro animo per aprirlo alla gioia piena. Ciò sarà possibile nella misura in cui, anche attraverso l’accompagnamento di guide esperte, saprete intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il progetto di Dio sulla vostra vita.[1]

      Invocando l’intercessione dei Santi Patroni d’Europa, faccio l’augurio che questi giorni siano per noi un tempo di grazia e di trasformazione interiore; che dal dialogo franco e misericordioso, emerga quella verità della quale Dio desidera metterci a conoscenza.

 

Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi


 

[1] FRANCISCUS, Lettera ai giovani in occasione della presentazione del documento preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.